venerdì 15 febbraio 2013

Bernardino Dal Ponte (1772-1860)

Strenna Trentina, 1996, anno 76, pp. 211-214

UN CORAGGIOSO TIROLESE-ITALIANO 
L' "Almanach auf das Jahr 1802" presenta da Vienna il seguente servizio di Anton Gassler su Bernardino Dal Ponte. Lo riportiamo nella traduzione italiana perché è il primo documento della stampa tedesca che parla del Dal Ponte, difensore della patria tirolese: 
"Quando all'inizio del settembre 1796 la città di Trento fu occupata dalle truppe francesi al comando di Napoleone Bonaparte, caddero in mani nemiche 4 difensori della patria tirolese. In conseguenza di un noto proclama furono buttati in carcere, perché portavano armi, e fucilati davanti alla porta di San Lorenzo alla presenza del pubblico. 
Quest'azione, che nell'intenzione del comando francese avrebbe dovuto annientare il coraggio dei tirolesi, ebbe l'effetto contrario. Tutta la nazione tirolese restò inorridita di questo delitto e i combattenti ardevano dal desiderio di vendicare il loro infelici compagni. 
Con queste intenzioni il sergente Bernardino Dal Ponte, giudicariese, e dodici combattenti della compagnia di Trento chiesero il permesso al loro comandante Jakob von Graff di poter fare dei prigionieri. Dopo una marcia di quindici ore dal Primiero verso la Valsugana, nella fredda notte del 13 ottobre, sorpresero un picchetto francese di ventisei uomini presso i Masi di Novaledo, accampato attorno a un grande fuoco insieme alle sentinelle. Il sergente Dal Ponte ordinò ai suoi uomini di sparare nel fuoco per far saltare carboni accesi in faccia ai francesi. Li assalì con le armi rovesciate, uccise otto uomini, ne ferì altrettanti, cinque li fece prigionieri, mentre gli altri si salvarono con la fuga. 
I prigionieri non subirono alcun maltrattamento. Furono condotti a Primiero e consegnati al comando della compagnia. "Volevamo dimostrare - dissero i bersaglieri - che noi sappiamo rispettare i diritti umani meglio dei nostri nemici che così tanto ne parlano". 
"Il 7 novembre 1796, nella conquista di Castel Beseno, il tenente Franz Josef Stecher, aiutante del comandante von Graff, uno dei più valorosi ufficiali tirolesi, fu mortalmente ferito. La sua compagnia si trovò disorientata e non poté impedire che fosse portato via prigioniero. Il Dal Ponte, quando fu informato di questo, si cacciò coraggiosamente nelle linee francesi con sette combattenti, raggiunse il tenente ferito e lo riportò di ritorno sulle spalle. Per questa azione coraggiosa gli fu assegnata la medaglia d'oro. 
Negli anni 1799 e 1800, l'intrepido Dal Ponte salì di grado e fu promosso capitano di compagnia e in ogni occasione diede prova del suo coraggio e del suo amor di patria". Cosi l'Almanacco del 1802. Ma questo è solo l'avvio della storia di Bernardino Dal Ponte. 
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Nel 1996 ricorre il secondo centenario dell'inizio della guerra di liberazione dei tirolesi contro i francesi e i loro alleati, che per quindici anni coinvolse tutto il Tirolo storico, Trentino compreso, fino al 1809 quando fu decisa l'annessione del Trentino al napoleonico Regno d'Italia. 
I tirolesi caduti tra il 1796 e il 1810 contro le otto invasioni francesi sono 1713 con migliaia di feriti. La vittima più illustre è Andreas Hofer, vero capo carismatico dell'opposizione popolare alla prepotenza degli invasori, fucilato per espresso ordine di Napoleone a Mantova il 20 febbraio 1810. Accanto a lui e dopo di lui vi sono altre figure di comandanti i cui nomi sono rimasti nella storia e nella coscienza popolare. 
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Bernardino Dal Ponte nacque a Vigo Lomaso, nelle Giudicarie Esteriori, e precisamente al Castello delle Spine, il 24 febbraio 1772. Il castello era stato ceduto dai Conti d'Arco nel 1753, per 1350 fiorini, alla famiglia Dal Ponte che da lungo tempo attendeva alla coltura dei terreni, campi e prati, di proprietà dei d'Arco. Il casato di Bernardino contava sette fratelli e tre sorelle. Aveva uno zio sacerdote, che probabilmente fu il suo primo maestro. A venticinque anni è eletto sindaco della comunità di Lomaso e poi esattore delle imposte per il principato di Trento in quel di Tione.
Nell'autunno del 1800 ha luogo la terza invasione francese con il generale Macdonald attraverso le valli e i monti situati tra il lago di Garda e il fiume Chiese. L'armata di ventimila uomini, chiamata "diabolica", travolse ogni resistenza delle truppe austriache e delle compagnie valligiane. Solo il capitano Dal Ponte, in Val Vestino, con trenta uomini, fermò un grosso reparto francese di 250 soldati e lo obbligò alla fuga. 
Nella primavera del 1809 l'insurrezione delle popolazioni contro gli occupanti franco-bavaresi esplose quasi all'improvviso e si estese in pochi giorni a tutte le valli del Tirolo settentrionale e meridionale, sia tedesco che italiano. All'appello di Andreas Hofer di formare una compagnia di patrioti in ogni comunità e di cacciare il nemico, il capitano Dal Ponte organizza l'insurrezione del Trentino occidentale e diviene il comandante di un gruppo di compagnie di bersaglieri che fornisce di armi strappandole a reparti franco-bavaresi con sortite audaci ed improvvise in quel di Riva del Garda e in Valle Lagarina. 
Nell'estate Napoleone batte gli austriaci a Wagram e il 12 luglio, con l'armistizio di Znaim impone a Vienna di ritirare ogni truppa dal Tirolo. Andreas Hofer resta solo con i patrioti e alla testa di 17.000 insorti. Il 13 agosto riconquista Innsbruck. Poi incarica un suo luogotenente, il meranese Giacomo Torggler, di liberare dai nemici anche la città di Trento. Su Trento marciano già le compagnie della Valle di Fiemme e di Primiiero. Altri arrivano dalla Valle di Non. Il comandante Dal Ponte giunge a Cadine con le compagnie giudicariesi e mette in fuga i francesi che preferiscono abbandonare anche il capoluogo e ritirarsi verso Rovereto. 
Il Magistrato Civico di Trento a mezzo dei due consoli invita il Dal Ponte ad entrare in città con le sue compagnie e a mantenervi l'ordine. Lo nomina addirittura governatore militare e gli procura una divisa da ufficiale. I1 Dal Ponte crea immediatamente la guardia civica, con sei compagnie di 50 uomini ciascuna, per la sicurezza della cittadinanza e invia truppe in Val Lagarina, a Castelpietra, per impedire un eventuale ritorno dei francesi. 
Il 24 agosto la brigata del generale francese D'Azmayr, che si era ritirata ad Ala, torna sui suoi passi rioccupando Rovereto e minacciando di giungere a Trento. Il Dal Ponte concepì un piano audace per cogliere alle spalle i francesi, sotto Rovereto, e tagliare loro la ritirata. Attraversò con i suoi uomini l'Adige, sotto Mori, li distribuì sulle alture di Marco, e fece scavare a Serravalle una grande fossa attraverso la strada per bloccare o almeno rallentare il passaggio dell'artiglieria nemica. Il piano strategico non ottenne i risultati sperati perché il Dal Ponte venne a trovarsi praticamente solo nell'impresa. Inflisse perdite rilevanti alla brigata francese, ma non riuscì a bloccarla. Ebbe la soddisfazione morale di impossessarsi della carrozza personale del generale D'Azmayr a Serravalle e di condurla a Rovereto come trofei. Inseguì i francesi fino alla chiusa di Verona e pose in Ala il suo quartier generale disponendo di circa 20 compagnie. 
Il 10 ottobre 1809 passò alla storia con nome "der Tag der Schande" il giorno della vergogna, perché il generale francese Peyri con 8.000 uomini, manovrando abilmente reparti di cavalleria e di artiglieria, travolse e disperse definitivamente 15.000 insorti. 
Qualche settimana prima il Dal Ponte, fermò ad Ala per impedire il ritorno del nemico, non aveva risparmiato critiche al comando tedesco, nel quale vedeva grosse carenze di capacità e di energia. I vari Torggler,  Tönig,  Schweiggl erano gente aliena per età e temperamento da gesti coraggiosi. Erano divisi da sospetti, invidie e rancori profondi. 
Allora il Dal Ponte, forte di alcune compagnie fedeli e bene disciplinate, decise di assumere personalmente il comando di tutto il Tirolo italiano. Il 16 settembre emanò un proclama, nel quale invitava città, borghi e villaggi del Tirolo italiano a non riconoscere nessun altro comandante se non lui e prometteva ai "cari miei fedelissimi tirolesi italiani" di difendere loro e la santa religione e di far rispettare le loro persone le loro case e sostanze. Per la prima volta nella storia del Trentino si affermava un esigenza di difesa e di amministrazione autonoma. 
Il proclama del Dal Ponte allarmò fortemente i comandanti tedeschi che decisero di levarlo di mezzo con un tranello. A mezzo staffetta lo avvertirono che lasciavano a lui la responsabilità della difesa del fronte meridionale e che essi si sarebbero ritirati a nord di Lavis. Lo avvertivano che i francesi stavano per forzare il Passo del Tonale. La notizia era falsa e, come riferisce lo storico roveretano Gerolamo Andreis, il Dal Ponte cadde ingenuamente nella trappola. A rotta di collo si recò a Trento con il fratello attendente e un ufficiale e, appena preso alloggio all'albergo Europa, fu fatto prigioniero da un grosso picchetto di Schützen e trasferito a Caldaro e poi nelle carceri di Innsbruck. Era il 20 settembre 1809. La sua cattura suscitò stupore e sbigottimento. I suoi ufficiali e le sue compagnie si sciolsero e presero la via di casa. 
Il 25 ottobre i franco-bavaresi riconquistarono Innsbruck e liberarono il Dal Ponte imponendogli gli arresti domiciliari. Il Ministero degli Interni di Milano lo riteneva "pericoloso se le circostanze gliene dessero l'occasione". Da parte austriaca, qualche anno dopo, si espresse un giudizio lusinghiero a suo riguardo: il commissario imperiale e primo consigliere politico di Andreas Hofer, il barone Josef Hormayrzu Harlenburg scrisse che il comandante Dal Ponte fu "der vorzüglichiste an militärischen Einsichten und Bravour", il migliore per capacità militare e coraggio. 
Dopo la caduta di Napoleone il Dal Ponte citò davanti al tribunale militare coloro che lo avevano tradito e imprigionato. Furono condannati e obbligati a versargli un risarcimento per danni morali di 425 fiorini. 
Don Ignazio Carli, suo concittadino, divenuto decano di Tione, scrisse in una nota: "Il Capitano Dal Ponte da Castel Spine, ardito guerillatore contro i francesi da principio di questo secolo. Visse assai, morì il 1860 a Fiavé con esempio edificante". 
Nell'anno 1851 il "Tiroler Schützen-Zeitung" di Innsbruck, per la penna del suo direttore Dr. Schönher presentava in 16 capitoli la storia di 17 comandanti del Tirolo italiano e sotto il nome di Bernardino Dal Ponte è messo un sottotitolo: un coraggioso tirolese italiano. 
Non ci è pervenuto un ritratto fisico della sua persona. E' possibile però abbozzare quello morale sulla base di quanto fece e scrisse e di quanto si disse di lui. Un valligiano combattente, capace di slancio e di ardimento quando si trattava di un'operazione bellica. Non fu politico, non era preparato in questo campo, fu un uomo del popolo che a capo di un movimento di resistenza schiettamente popolare, per la difesa di un avito mondo di valori religiosi, morali e familiari, operava in base al buon senso, con la fierezza del montanaro libero che difende ciò che è suo. 
Lorenzo Dalponte 


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